da Adnkronos.com

UN PAZIENTE SU CINQUE METTE L’APPARECCHIO ORTODONTICO A 40 ANNI

Un paziente su 5 mette l’apparecchio ortodontico a 40 anni e oltre. Si tratta soprattutto di donne, che rappresentano il 72% di chi sceglie di rimettere a posto la dentatura per motivi estetici, ma anche funzionali. Nei grandi le percentuali di malocclusioni, per esempio, sono maggiori che nell’infanzia, spiega Raoul D’Alessio, esperto di estetica facciale docente alla scuola di specializzazione di ortognatodonzia dell’università del Sacro Cuore di Roma.

“L’apparecchio negli adulti è diventato molto più comune – spiega D’Alessio all’Adnkronos Salute – ma, nonostante il picco di crescita del ricorso a trattamento ortodontico degli ultimi anni, si tratta ancora solo di una piccola percentuale di tutti quelli che potrebbero realmente beneficiarne, a livello estetico o per correggere e prevenire problemi clinico-medico”. Avere portato l’apparecchio da piccoli, però, non esclude che “a distanza di 20-30 ci sia bisogno di nuovo di un trattamento, magari meno lungo, per ricreare un equilibrio di tutto l’apparato masticatorio che, nel tempo, può squilibrarsi”, aggiunge l’esperto. Le nuove tecniche ortodontiche – con apparecchi che, in molti casi, possono essere anche invisibili, non necessitano di controlli troppo ravvicinati né di trattamenti non troppo lunghi – riducono il disagio psicologico e facilitano la scelta da parte degli adulti. “Secondo le stime – spiega D’Alessio – se parliamo solo di ‘aggiustare’ il sorriso, circa l’80% dei pazienti odontoiatrici potrebbe beneficiare dei nuovi congegni ‘invisibili’, facili da gestire ed efficaci”. Il restante 20% “presenta problemi ortodontici più complessi – continua D’Alessio – Spesso si tratta di interventi sulla mantibola o di riposizionare un dente. In questo caso sono necessari metodi più tradizionali che comunque sono ormai resi accessibili e sopportabili, anche nella vita sociale”. Ma perché mettere un apparecchio a 47 anni? “I denti accavallati, ‘affollati’ e la cattiva forma del morso – avverte D’Alessio – predispongono a malattie paradontali e gengivali, problemi che colpiscono il 40% della popolazione italiana”. In questo 40% l’apparecchio può, come hanno dimostrato i dati scientifici, anche in fasi avanzate, migliorare la durata di tutte cure odontoiatriche nel tempo. E’ necessario infatti, “prima intervenire proprio con l’ortodonzia, ripristinare gli equilibri ossei e tessutali e poi reintegrare i denti persi o fare le altre cure – prosegue l’esperto – Il rischio è perdere quanto ottenuto anche con le metodiche più avanzate, come l’innesto di osso e la chirurgia paradontale. I processi patologici non possono fermarsi, perché la malocclusione o la malposizione comportano in sé un potenziamento della patologia”. Gli impianti dentali, per esempio, ancorati all’osso con una vite di titanio, “non avendo il legamento paradontale rischiano sotto la pressione sbagliata dell’osso di cadere”. Per questo negli Usa prima, dell’impianto, viene prevista una valutazione ortodontica. L’apparecchio, insomma, rappresenta spesso una soluzione curativa “per bloccare negli adulti le malattie gengivali, l’usura delle ossa, il mal di testa, i problemi mandiboloarticolari”, conclude D’Alessio.